Salve,
come giustamente mi è stato fatto notare 600 anni sono un po’ troppi… in effetti sono passati 400 anni dal triste giorno in cui il 34enne Giulio Cesare Vanini fu bruciato a Tolosa…
Ma stamani mi sono svegliato con l’immagine di quel rogo… perché ho finito di leggere proprio ieri notte le ultime pagine di un testo del filosofo Vanini e – ovviamente – mi sono immaginato la truce scena… e chissà perché ho pensato che fosse successo 600 anni fa, forse perché vengo dal futuro?!
Tuttavia la sostanza della questione non cambia, e se pure non siamo d’accordo con tutte le tesi che il giovane filosofo espose nelle sue – per altro notevolissime – opere è davvero inaccettabile il prezzo che ha dovuto pagare per l’ardire del suo pensare.
Per ciò voglio aggiungere l’opinione di un suo lettore – tutt’altro che superficiale – Arthur Schopenhauer il quale nella sua opera “Saggio sulla libertà del volere umano”scrive:
“Bisogna tenere presente che Vanini ricorre continuamente allo stratagemma di impostare e presentare in modo convincente la sua vera opinione come quella che egli detesta e vuol confutare, per poi contrapporle personalmente ragioni superficiali e fiacchi argomenti ed infine, tamquam re bene gesta, scomparire trionfante e… facendo assegnamento sulla malignità del suo lettore. Con questa scaltrezza seppe ingannare persino la dottissima Sorbona che, prendendo tutto ciò per oro colato, premise ingenuamente il proprio imprimatur alle sue pagine più empie. Con piacere tanto più cordiale lo vide tre anni dopo bruciato vivo dopo che gli era stata tagliata la lingua sacrilega. Questo è infatti il vero e solido argomento dei teologi, per i quali, da quando fu loro tolto, le cose vanno a ritroso”.
Qualche anno più tardi, ripensando al rogo di Tolosa, il saggio di Francoforte si spingerà ancora più oltre, sentenziando lapidariamente nei Parerga e Paralipomeni: “…certamente fu più facile bruciare Vanini che riuscire a confutarlo“.
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Seicento anni fa..
Il 9 febbraio 1619, quando aveva da poco compiuto 34 anni, Giulio Cesare Vanini fu bruciato a Tolosa, in una piazza, Place du Salin, che oggi porta il suo nome. Fu condannato da un tribunale “civile” per ateismo, bestemmia empietà e altri eccessi. Prima di consegnarlo alle fiamme, gli strapparono la lingua, l’organo con cui aveva offeso Dio..
Lo spettacolo a cui assistettero le migliaia di persone accorse da tutta la Francia fu terribilmente cruento. Le fonti descrivono così quegli attimi:”Al primo colpo non gli si poté strappare se non l’estremità della lingua, perché egli la ritirava; ma al secondo colpo si rimediò, poiché con le tenaglie essa gli fu strappata fino alla radice… non si è mai ascoltato un grido più orribile, avresti detto che si trattava del muggito di un bue.” (Giulio cesare Vanini nei documenti e nelle testimonianze, Il Prato 2013)
Vanini sapeva che sarebbe andata a finire così, ma ciò non gli impedì di affrontare gli ultimi istanti della sua vita da filosofo, vale a dire con coraggio e imperturbabilità. Gliene danno atto anche i nemici più acerrimi e i detrattori più accaniti. In particolare, come ci fa sapere un testimone: “Uscendo dalla prigione del tribunale, come se fosse gioioso e allegro, pronunciò in italiano queste parole: andiamo, andiamo a morire allegramente da filosofo“. Anche quando gli fu chiesto di domandare perdono a Dio, al Re a alla giustizia la sua risposta fu tutt’altro che arrendevole o accomodante: “Quanto a Dio non credo affatto che esista; quanto al Re non l’ho mai offeso; e quanto alla giustizia che i diavoli, se ce ne sono, la mandino in rovina!”
[Introduzione di Mario Carparelli a: Dialogo su Dio, di Giulio Cesare Vanini]