di Antonio Gagliardi
E’ oggi piuttosto diffusa una specie di pigrizia mentale che non permette di uscire dagli usi consolidati e dalle abitudini acquisite: non è certo il caso dell’autore di quest’originale studio sulla Commedia di Dante.
Quello che ancora nella nostra epoca si presenta come un tabù era invece nel medioevo l’avanguardia del pensiero filosofico: vedere Dio! E con quali mezzi? Il Poeta del “bel paese dove ‘l sì suona” ne ha mirabilmente parlato in forma poetica.
Su questo tema cruciale della visione di Dio Dante è sigeriano piuttosto che tomista: il cammino che porta alla visione di Dio si trova in quella biblioteca ermetico-filosofica ignorata e relegata in un “buio” medioevo, come la selva oscura!
Il cammino della filosofia greca da Atene a Parigi ha una sosta necessaria a Bagdad e poi in Marocco per approdare, passando attraverso la Sicilia di Federico II, in Spagna per essere elaborata in territorio andaluso e tradotta in latino a Toledo.
La questione fondamentale è come sia possibile una sintesi tra cristianesimo e filosofia, in particolare quella di Averroè “che ‘l gran comento feo”, unificando quindi in un unico viaggio Virgilio e Beatrice…
Certo è che se la Commedia fosse stata sottoposta al giudizio di Tommaso d’Aquino, o anche del tribunale ecclesiastico di Parigi dell’epoca, sarebbe stata condannata! Sarà solo un’altro poeta, il Boccaccio, a definire per primo “divina” quest’opera.
In fondo la missione profetica di Dante consiste nel far conoscere che si può vedere Dio quando ancora si è in vita: tra il verme e la farfalla c’è tutto il cammino dell’uomo e del cristiano, il verme è la farfalla in potenza mentre la farfalla è il bruco in atto.
L’uomo può vedere Dio e se qualcuno se ne duole bisogna lasciarlo con i suoi problemi e riserve religiose: Dio è il fine e come tale anche la fine del cammino: il desiderio termina perché si è realizzato e l’immobilità di Dio, motore immobile, determina anche l’immobilità dell’uomo che lo ha raggiunto.
La teologia scolastica parla dell’uomo liberato dal corpo, morto, in grado di attuare il desiderio e ottenere la felicità. Ma qui Dante parla di sé vivente e che raggiunge la fine del desiderio ottenendo la felicità!
Lo straordinario tentativo di conciliare la metafisica con la teologia cristiana è possibile anche per la funzione mediatrice di Maria: soltanto tramite lei è possibile attingere la grazia, altrimenti l’uomo è simile all’uccello che privo di ali non può volare.
Chi è Maria se non colei che si è posta tra Dio e l’uomo nella storia della redenzione? Madre e vergine, figlia di suo figlio, è lei la donna dei filosofi, Madonna Intelligenza.
Così il pipistrello diventa aquila e può stare ad occhi aperti dinanzi a Dio, fino a quando la sua natura materiale glielo permette, per poi tornare a terra e raccontare questo viaggio.
L’opera di Dante porterà i suoi “frutti” circa due secoli dopo, con la nascita del movimento Rosa+Croce: gli adepti di tale scuola iniziatica fonderanno cristianesimo e alchimia, ponendo al centro della Croce la Rosa!
…State contenti, umana gente, al ‘quia’,
ché, se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria…
B-Atman
GRAZIE PER L’INTERESSE.
Ringrazio per l’articolo. Faccio un appunto: Maria non è l’Intelligenza. L’Intelligenza è la Rosa, secondo Avicenna.Il mio. LA DONNA MIA: FILOSOFIA ARABA E POESIA MEDIEVALE, RUBBETTINO EDITORE. A DISPOSIZIONE. SALUTI, ANTONIO GAGLIARDI.